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Italiano medio

Italiano medio

Non convince il primo lungometraggio di Maccio Capatonda, fra ammiccamenti e umorismo forzato.

Giulio Verme (Marcello Macchia, in arte Maccio Capatonda, regista e protagonista del film) è un fervente ambientalista sulla soglia della quarantina, frustrato dalla vita e circondato da zombie comandati dalla televisione, e coltiva fin da piccolo il sogno di cambiare le cose e accendere nel cosiddetto “italiano medio” una coscienza sociale.

Attraverso un umorismo demenziale e ricollegandosi ad alcuni dei suoi sketch più famosi (vedi “L’uomo che usciva la gente”) e citazioni di come quella di Fight Club, e con una parodia esasperata della vita moderna dominata da social e reality, Maccio cerca di costruire un’analisi psicologica della società odierna. Sulla falsariga di un umorismo “fantozziano” che tuttavia si rivela più che forzato, il film risulta ripetitivo e privo di spessore, facendo perdere il messaggio critico del regista fra troppe battute improntate alla ricerca della risata facile. E la trama, che pure poteva essere il punto di forza della pellicola, non sfrutta al meglio un colpo di scena finale, che invece di dipanare la matassa lascia lo spettatore ancora più confuso sull’intero senso del film.